Italia ed Europa
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 121
La primavera romana non lo commoveva che per le rimembranze: gli sembrava una primavera artificiale, troppo ardente e luminosa, troppo abbondante di fiori e di profumi. Piazza di Spagna, ornata come un altare, con la scalinata coperta di petali di rose mosse dalla brezza, il Pincio con gli alberi avvolti di fiori violacei, le vie profumate dai cestini di narcisi e di ranuncoli che le fioraie, ferme sull'orlo dei marciapiedi, offrivano ai passanti, tutta questa ostentazione, tutto questo mercato della primavera, dava allo studente l'idea di una festa banale, che a lungo andare rattristava e disgustava.
p. 123
Anania uscì, col cuore gonfio di fiele: si diresse automaticamente verso il Corso, e quasi senza avvedersene si trovò in Via del Seminario. Era un pomeriggio ardente; lo scirocco sbatteva le tende dei negozi: l'aria odorava di vernici, di droghe e di vivande.
Anania sentiva i suoi nervi fremere come corde metalliche. In Via del Seminario passò in mezzo a uno stormo di chierici e di preti dalle mantelline svolazzanti e mormorò dispettosamente:
- Corvi!
p. 127
La signora Obinu tiene poi una vecchia cuoca sarda, che sta a Roma da oltre trent'anni ed ancora non ha appreso l'italiano.
p. 127
Povera vecchia zia Varvara! Essa è nera e piccina come una jana: conserva gelosamente nel baule il suo costume natìo, ma veste un ridicolo abito comprato a Campo dei Fiori.
p. 127
Per lei Roma è un luogo dove tutte le cose son care, e dove si può morire da un momento all'altro investiti da una vettura.