Italia ed Europa
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 117
- È inutile illudermi: non sono pazzo, no; ma non posso più vivere così; bisogna ch'io sappia... Oh, fosse morta! fosse morta! Bisogna che io cerchi. Non sono venuto a Roma per questo? Domani! Domani!
p. 119
Al solito, i due compagni salirono per Via Nazionale e il Daga si fermò a guardare i giornali davanti al Garroni, mentre Anania proseguiva distratto, andando incontro ad una fila ciangottante di chierici rossi, uno dei quali lo urtò lievemente. Allora egli parve destarsi da un sogno, si fermò e aspettò il compagno, mentre i chierici s'allontanavano, e il riflesso dei loro abiti scarlatti dava uno splendore sanguigno al lastrico bagnato.
p. 120
Questa signora si chiamava, o si faceva chiamare, Maria Obinu, nativa di Nuoro. Abitava in Roma da quattordici anni, e nei primi tempi aveva vissuto un po' irregolarmente.
p. 120
Inoltre egli sapeva che a Nuoro non esisteva alcuna famiglia Obinu, e che nessuna donna nuorese viveva e affittava camere a Roma. Evidentemente quindi la Obinu falsava il suo nome e la sua origine...
p. 121
La primavera penetrava anche nel cortile melanconico di Piazza della Consolazione, in quell'enorme pozzo giallo esalante odori di vivande, animato dal canto delle serve e dal gorgheggio dei canarini prigionieri.