Leggende
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo
Marcello Cossu
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Il tuo lembo pria cinereo e annebbiato, s'è di repente tinto di fuoco, l'ampia tua distesa s'è cosparsa dei gigli e delle rose di Titone, ed io t'ho assomigliato ai cinquanta talami del dio Ercole.
p. 112
Come più ben potemmo sollevammo i caduti; formammo quindi di tutti noi una salda catena, reggendoci reciprocamente alle braccia, e fatto un erculeo sforzo, superammo l'ultima difficoltà e raggiungemmo la rocca.
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Eppoi Giuliano era un giovine assai bello, e vestiva elegante. Il suo viso florido, roseo, ridente come la gioia dell'amore era delineato con grazia singolare, una folta capellatuara bionda, ricciuta – un paio di occhi cilestri teneri, dolci come una carezza, e due baffetti d'oro, l'aggiungevano beltà e sentimento. Era d'alta taglia, flessibile, gentile – avea le mani rosee, vellutate, egli non era indegno di esser chiamato figlio d'Albione.
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Violetta frenava un sauro puledro, feroce negli occhi e dalle narici dilatate, che sbuffavano fuoco; ella lo guidava con assai bel garbo, e sembrava un'amazzone, con tutta la capricciosa avvenenza.
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Insomma tutta in lei si compendiava un'eroina di sarda bellezza. Don Barrile sembrava lì a bella posta per far spiccare le attrattive della nipote. Era il Polifemo Del-Piombo collocato nella sala della Galatea per render più commovente la vista della graziosa Ninfa.