Geografia
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Elias Portolu
Grazia Deledda
p. 33
Il fresco Orthobene, colorato del verde dei boschi, dell'oro delle ginestre, del rosso fiore del musco, si allontanava alle spalle dei viandanti, sullo sfondo perlato dell'orizzonte.
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La vigilia della festa arrivò molta gente da Nuoro e dai paesi vicini; da Lula specialmente, per il sentiero erto, incassato nella montagna fra luminose macchie di ginestra fiorita, scendevano lunghe file di donne vestite d'un costume un po' caricaturale, con la testa esageratamente allungata da una cuffia sottoposta al gran fazzoletto frangiato, con le pesanti gonne d'orbace cortissime, con lunghi rosari incatenati da strani ornamenti d'argento.
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Verso mezzogiorno si arrivò all'Isalle; secondo l'uso si smontò laggiù, per desinare, sotto un gruppo d'alberi, fra rocce coperte di musco fiorito, in riva all'acqua corrente. L'accampamento fu presto fatto; sorsero i fuochi, giraron gli spiedi, furono imbandite le mense. Il meriggio era dolce; grandi, alte macchie di oleandri sorgevano lungo l'acqua corrente, immobili nell'aria calda; in fondo alla valle le messi splendevano al sole. La nicchia col piccolo San Francesco fu deposta per terra, sopra un grande fazzoletto disteso; e dopo il pasto uomini e donne vi si affollarono intorno, inginocchiandosi, baciandola e deponendovi dentro un'offerta.
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Nuoro era vicina, lassù, dietro l'orlo della valle illuminato dal sole calante.
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Egli aveva sperato di calmarsi e dimenticare nella solitudine della tanca, lontano da lei; ma i ricordi dei giorni trascorsi a San Francesco, quel sogno in riva all'Isalle, quel ritorno fatale, erano troppo recenti.