Colori
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 393
- Qui non c'entra la provvidenza, e non si tratta di questo. Si tratta..., - aggiunse dopo un momento
di esitazione, - si tratta di rispondergli netto e chiaro che in casa nostra non c'è posto per lui!.
Allora Efix aprì le mani e reclinò un poco la testa come per dire: «e allora perché mi consultate?» ma donna Ester si mise a ridere e alzò sbattendo con impazienza le due ali nere del suo scialle.
p. 394
Efix promise di raggiungerla, ma mentre donna Noemi risaliva al piano superiore, egli rientrò in cucina e sottovoce pregò donna Ruth, che si era inginocchiata per terra e gramolava un po' di pasta su una tavola bassa, di dargli il telegramma. Ella sollevò la testa e col pugno rivolto bianco di farina si tirò un po' indietro il fazzoletto.
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Ha ragione! - affermò Efix pensieroso. - Quando si è nobili si è nobili, donna Ruth. Trova lei una moneta sotterra? Le sembra di ferro perché è nera, ma se lei la pulisce vede che è oro... L'oro è sempre oro...
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Ed ecco a poco a poco tutti vengono attorno, penetrano per le fessure come i raggi della luna: è donna Maria Cristina, bella e calma come una santa, è don Zame, rosso e violento come il diavolo: sono le quattro figlie che nel viso pallido hanno la serenità della madre e in fondo agli occhi la fiamma del padre: sono i servi, le serve, i parenti, gli amici, tutta la gente che invade la casa ricca dei discendenti dei Baroni della contrada.
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- Ti ricordi com'era superbo mio padre? - disse ricacciando fra la pasta pallida le sue mani rosse venate di turchino. - Anche lui parlava così. Lui, certo, non avrebbe permesso a Giacintino neppure di sbarcare. Che ne dici, Efix?
- Io? Io sono un povero servo, ma dico che don Giacintino sarebbe sbarcato lo stesso.