Flora e fauna
Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi / Cuec, 2007
La bella di Cabras
Enrico Costa
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Colombe innocenti, esse venivano ammaliate dall'occhio acuto e penetrante di quel falco, né sapevano, né potevano sottrarsi al magnetico fascino del demone, che le tentava colla poetica parola, coi doni, o coll'audacia. [...] Le linee delle guancie andavano a terminare in un mento a sesto acuto; a sesto acuto era l'estremità del naso; gli occhi piccolissimi lucenti e a linea obliqua, come quelli dei giapponesi; le orecchie molto sporgenti, come quelle del sorcio e della scimmia.
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A chi, scherzando, lo chiamava vecchio come quercia, egli rispondeva: - Sarà benissimo; ma io (come voi alle quercie) strappo ogni cinque anni il sughero al mio cuore, per renderlo più sensibile alle donne!
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Dinanzi alla chiesa è un piazzale abbastanza vasto – limitato da parapetti per metà rovinati – dove notavasi un viavai di devote e di curiosi, nonché una mezza dozzina di venditori di cixiri e nuxedda turrada (ceci e nuciuole abbrustolite). Venditori di nuxedda turrada e di cixiri, d'arance e di limoni, di pistoccheddus e mustazzolus pur notavansi nella via prospiciente alla chiesa, nonché intorno al vasto campo che la fiancheggia dalla parte di mezzogiorno.
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In ogni casa tu vedi due, tre, quattro donne mondare le canne dalle foglie secche, per renderle lisce; altre sono intente a cucirvi su, a foggia di bandiera, drappi d'ogni sorta. [...] All'esterno di quel tempio modesto, intorno alla gran porta d'ingresso, ricca di quattro colonne di stile barocco, sono disposti fasci di mirto, d'alloro, di timo, di serpillo, e di altre piante aromatiche.
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Dal corpo del fabbricato spuntano superbamente la gran cupola dell'altare maggiore e il cocuzzolo piramidale del campanile, l'una e l'altro placcati con mattoni verniciati a diversi colori, che splendono al sole come la corazza a squame di un grosso muggine di stagno.[...] Quest'uomo, che pare solitario in mezzo alla folla, ha un compagno in alto, il campanaro; il quale non fa che picchiare a ripicchiare sulla campana; tentando in unione col suo mesto collega, di concertare un terzetto allegro, tratto dai tre regni della natura; bronzo, legno e pelle d'asino. [...] L'occhio spazia sopra uno sterminato orizzonte, rotto qua e là dal ciuffo di qualche palma isolata, o dalle acque stagnanti che dormono ad occidente del paese. Intorno al campo, qua e là, carri con botti di vino nero, o di vernaccia, ai quali ricorrono i festaiuoli per innaffiare abbondantemente gli aranci e i mandarini di Milis, di cui si fa un consumo grandissimo.