Flora e fauna
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo
Marcello Cossu
pp. 147-148
Sta volta don Barrile comprese l'allusione poiché vidilo far cenno alla nipote, che fu propria levarsi, ricevere gli ordini, uscire, rientrando poco dopo con in mano un gabaret di bicchieri colmi d'un liquore dal color dell'ambra e dall'effluvio dell'ambrosia. Noi bevemmo alla salute del padrone – all'amicizia e l'amore!.... Indi facemmo i meritati elogi al nettare, che veramente era degno degli Dei, e ad ora convenevole uscimmo.
p. 148
Arrogi la sua massiccia ignoranza, continuò Riccardo - egli è uno di quei preti creati all'epoca che i reverendi venivano su come funghi! Se vedessi la sua scrittura... tiene dell'ebraico – sembra, geroglifici d'Egitto, e non si capisce un'acca! - egli è reputato il più tremendo Negromante dei dintorni!
p. 150
Sognavo ancora di cervi e daini spaventati, messi in fuga – di spari, di grida, d'abbaiar di cani e del trambusto selvaggio delle nostre caccie, quando odo picchiare all'uscio della mia camera.
p. 151
La nostra brigata lungo il cammino era andata ingrossandosi; c'imbattevamo di frequente in gruppi d'uomini foresi, incapucciati, con lo schioppo in spalla; e in altri che avevano appresso grossi cani pel guinzaglio. - Erano i Capi caccia e gli Aizzatori con le diverse mute di cani, indispensabili nelle nostre caccie grosse. I raggi sbiesci del sole che ci ferivano, proiettavano sul terreno ombre fantasticamente grandi. - Sembravano giganti assisi su mostri con lunghe partigiane in resta. Quando arrivammo al luogo destinato per la partita, scendemmo da sella, consegnammo i cavalli ai domestici e c'internammo nel bosco. I capi caccia si dettero a ordinare le poste, nei diversi varchi, formando un semicerchio di sentinelle avanzate a cui si davano ordini speciali, nel tirare e la consegna di non muover passo; ciò per evitare degli equivoci disastrosi, potendo nella mischia ferire il compagno, o rimaner ferito. Dopo ciò, fecero marciare avanti gli Aizzatori, che si perdettero nel folto del bosco ove stavano accovacciati il feroce cinghiale e il volipide capriolo.
p. 155
La sera innanzi la fanciulla m'avea chiamato a se; eravamo soli nel giardino – avevamo colti di molti fiori e ne avevamo intrecciata una ghirlanda. - Era un reciproco ricordo, il quale doveva tirarsi a sorte a cui toccasse il serbarlo; la sorte mi favorì, ed io me ne resi padrone e lo tenni meco come lo tengo. - Quello era presagio che io avrei mantenuta la fede a che Violetta l'avrebbe infranta!