Flora e fauna
Lanusei, Tipografia Sociale, 1885
Ritedda di Baricau
Marcello Cossu
pp. 117-118
Dopo la dispatta di Novara fino al 1859, la storia d'Italia si può compendiare in una serie di dolorose vicende, interrotte da qualche lampo di speranza. Alle prigioni, ai patiboli, ai sequestri, alle perquisizioni, alle gravezze d'assedio, e persino alla pena del bastone, le popolazioni soggiogate dallo straniero opponevano lo scudo della resistenza passiva e il fermo proposito di non scendere a nessuna transazione. Nonostante, il Piemonte proseguiva l'opera rigeneratrice delle riforme. Ma per guadagnarsi la simpatia e l'estimazione d'Europa, era d' uopo di qualche avvenimento straordinario che gli offrisse opportunità di fa bella prova di sè e rendere servigi meritevoli di ricompensa e di contraccambio. Ed ecco 15 mila uomini del Piemonte, mercò destra e ferma politica di Cavour, guerreggiare bravamente in Crimea allato della Francia e dell'inghilterra; e il nostro esercito segnalarsi in ogni scontro e coprirsi di gloria nella battaglia della Cernaja. La maggior parte del nostro esercizio destinato per quella spedizione venne formato dai nostri coscritti sardi. Questi nostri figli avevano sempre primeggiato, sia nell'apprendimento delle manovre, sia nella osservanza della militare disciplina, da far meravigliare gli stessi superiori, che, a prima giunta, li avevano considerati come branchi selvaggi. E là, nel lontano Oriente, questi baldi giovani combatterono da leoni, ed ebbero il conforto di riedere in patria col sero della vittoria.
p. 121
Finalmente si decise di uscire di chiesa; ma ne aveva appena varcato la soglia, e diede in un urlo come di jena trafitta e si mise a correre con incerto consiglio.
p. 122
Il cielo si era fatto nero: larghe striscie di fuoco serpeggiavano di tanto in tanto sulla sua distesa, e lontano lontano si udiva rumoreggiare il tuono.
p. 127
Baciò la mano di zio Vissenteddu, e offerto al Signore il suo sagrifizio, calma e serena come una colomba, passò a vita migliore.
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo
Marcello Cossu
pp. 6-7
E il mattino del dì prefisso, levatomi per tempissimo mi abbigliai alla cacciatora; tolsi meco tutto l'occorrente per la caccia: alcun poco di biancheria che misi provvisoriamente nel carniero, qualche libro dilettevole, il mio fucile a due canne << vero rubans >> e il mio Moltke, cane di razza puenter, puro sangue. Noi Sardi, andiamo matti per la caccia, tanto più ci si addice, chè la natura volle esserci prodiga di selvaggina. Su pei nostri monti dirupati, che si estendono in pittoresche giogaie per tutti i versi dell'isola, formando profonde valli, rivestite perennemente di verdeggianti foreste, scorrono a branchi numerosi cervi, daini, cinghiali e mufloni. Fra le nostre boscaglie vivono in coppia volpi e scoiattoli, dalle nostre pelli ricercatissime di velluto; fra i cespuglietti, timidi leprotti e quaglie, voli frequenti di pernici e d'uccellame, che il sardo sa ben cacciare e apprestarne una succulenta imbandigione. Tuba sulle apriche colline il palombo e la tortorella – Starnazza nelle pingui paludi l'anitra e l'oca, e vi si ascolta, nelle ore solitarie di notte, il grido angoscioso del butor.