L'autore
Antonio Mura nasce a Nuoro il 24 luglio del 1926 e muore a Venezia l’11 dicembre 1975. Figlio di Predu, tra i più apprezzati poeti sardi del Novecento, si dedica presto alla lettura e alla scrittura ottenendo importanti riconoscimenti. Negli anni Sessanta intensifica la sua produzione letteraria di poeta e di traduttore e, oltre a compilare la sua raccolta di poesie Lingua e dialetto. Poesie bilingui, si dedica alla traduzione di numerose opere letterarie (Le opere e i giorni di Esiodo, La terra desolata di Eliot, Il cimitero marino di Valéry, la Poesia ininterrotta di Eluard e molte poesie di diversi autori). Dimenticato a lungo dopo la sua morte, in questi ultimi anni il poeta-traduttore conosce un nuovo momento di fortuna critica.
Il curatore
Duilio Caocci (Cagliari 1970), docente di Italiano e Latino al Liceo scientifico di Isili, si occupa di poesia contemporanea (è redattore della rivista di cultura poetica "Erbafoglio") e di letteratura medievale romanza e latina (è co-fondatore e redattore della rivista "Herbertus. Archiepiscopus Turritanus", bollettino di studi funzionale alla stesura dell’edizione critica del Liber miraculorum di Herbertus di Torres). Attualmente è vicedirettore della rivista "Portales" e docente a contratto di Filologia sarda e scritture della Sardegna medievale al Master di Lingua e Letteratura sarde presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari. Ha scritto su diversi autori sardi.
L'opera
Tra le varie traduzioni realizzate da Antonio Mura qui si pubblicano due capolavori francesi che impegnarono il traduttore tra il 1968 e il 1969: Poésie Ininterrompue di Paul Eluard e Le Cimetière marin di Paul Valéry. Queste traduzioni documentano una fase nuova della ricezione letteraria in Sardegna e il clima in cui si trovarono a operare i poeti nel dopoguerra. La traduzione del poema di Eluard fu premiata nel 1970 nella sezione "Traduzione" del Premio Ozieri. L’opera occupò Mura tra il novembre e il dicembre del 1968 e comportò la genesi assai tormentata che il lettore, con l’aiuto dell’apparato genetico di note, potrà valutare. Dell’elaborazione della traduzione dei versi di Valéry ci resta soltanto una prima stesura con un timido tentativo di messa a punto che non conobbe successive elaborazioni. Il documento, datato 1969, se non ci fornisce la stessa quantità e qualità di varianti, tuttavia ci mostra il poeta alle prese con la forma del poema che lo costringeva alle rime serrate e all’andamento stringente della sestina, e con il cortocircuito linguistico prodotto dal contatto tra il sardo-nuorese "pietroso" e "anticlassico" e il francese di Valéry che risuona armonico e classico. Nell’atto del tradurre, osserviamo il Mura affinare la sua conoscenza del nuorese e appropriarsi di spunti che si troveranno, ridefiniti in una solida poetica, nella sua produzione originale.
Recensioni
Nae n. 6, primavera 2004 Poesia ininterrompia