L'autore
Antonio Cano (nato alla fine del XIV sec. - morto tra il 1476 e il 1478), scarse le notizie sulla sua vita. Dopo essere stato rettore della villa di Giave, fu eletto prima abate di Saccargia e poi ordinato vescovo di Bisarcio nel luglio del 1436. Trasferito nella chiesa metropolitana di Torres, assunse, come successore di Pietro Spano, dignità arcivescovile in San Nicola dal 1448 al 1476.
Il curatore
Dino Manca (Nuoro, 1965), laureato in Lettere all’Università di Cagliari ha conseguito il Dottorato di ricerca in Letteratura e filologia sarda presso l’Università di Sassari. Ha scritto sull’opera di Grazia Deledda, Salvatore Farina, Giuseppe Dessì, Corrado Alvaro, Francesco Cucca, Gavino Ledda, Sergio Atzeni e Marcello Fois.
L'opera
Sa Vitta et sa Morte, et Passione de sanctu Gavinu, Prothu et Januariu è la più antica opera letteraria in lingua sarda fino ad oggi conosciuta. Un poemetto di argomento agiografico che ripropone, attingendo da fonti narrative medievali, il modello martiriale, con tutta la sua forza espressiva e drammatica e le sue suggestive tensioni etiche e religiose. Gavino, Proto e Gianuario, martiri turritani, vengono riproposti come modelli esemplari di coerenza contro i falsi miti e i falsi valori, in una Sardegna che, a distanza di tredici secoli dal martirio, intende fondare, sulla tradizione cristiana e sulla lingua e la cultura sarda, la propria identità di popolo che prende coscienza della propria condizione in un clima di accese speranze di riforma morale. Le scelte retoriche, la spiccata tendenza alla drammatizzazione, la forza espressiva e l’arditezza del dettato rimandano ad una intertestualità ampia e ad una tradizione che, a partire dalle origini dell’Europa cristiana, si muove nell’alveo della ricca e multiforme letteratura di argomento religioso.