La nuova industria culturale: la letteratura tra libro e mercato
La lettera privata è senz’altro forma di scrittura fra le più antiche e versatili. Con le variabili del contenuto e del destinatario variano stile, registro e funzione linguistica. Pur nella diversità delle forme compositive, tuttavia, in quasi tutte le epistole emerge il ruolo che i due amici ebbero nel contesto culturale sardo, italiano ed europeo di quegli anni. Da una parte De Gubernatis, intellettuale prestigioso, fondatore e direttore di molti periodici italiani e stranieri, in contatto con le maggiori personalità europee, artefice della diffusione continentale, tramite le traduzioni, dell’opera dell’autore sardo. Dall’altra Farina, scrittore, responsabile di importanti riviste, figura di raccordo, nella Milano capitale del libro, tra sistema giornalistico editoriale e intellighenzia italica. Treves e Sonzogno furono, alla fine dell’Ottocento, le due potenze dei sistemi integrati editoria-giornali, nel passaggio dalle imprese artigiane alle industrie editoriali, con conseguente allargamento del mercato librario. Editore-imprenditore e libro-merce: queste le nuove coordinate nell’ambito della produzione e fruizione del libro. Nascevano caffé letterari e salotti-cenacoli. Farina fu tra quelli, con D’Annunzio e contro Verga e Carducci, che accettarono le nuove logiche, scegliendo la scrittura come mestiere e adattandosi ai nuovi gusti del pubblico. Farina, scrittore imprenditore di se stesso, sollecita De Gubernatis a scrivere e spedire, leggere e valutare i suoi libri, in un periodo in cui lo scrittore di Sorso stava diventando uno dei massimi esponenti della letteratura postunitaria. Una produzione, la sua, di matrice moralistica e umoristica, lontana dagli eccessi della scapigliatura, vicina allo humor dickensiano e alla tradizione moralistica francese (Montaigne, La Rochefoucauld). Negli stessi anni Verga scriveva a Farina, identificando nei “documenti umani” analizzati “con scrupolo scientifico” l’oggetto della letteratura; ma lo scrittore sardo non riteneva le metodologie della scienza applicabili alla letteratura. Dunque non romanzo sociale ma umano, educazione letteraria del cuore, finalità etica. Fu tra l’altro Farina a presentare Verga all’editore Treves: “Così Giovanni Verga, che per oltre trentatré anni era rimasto oscuro nel suo paese siciliano, da quel giorno fu celebre”.
Due figure complesse
Durante l’ultimo ventennio del secolo De Gubernatis, affermato orientalista e mitologo, si definì egli stesso, per il suo eccletismo, “poligrafo puro”. Fondamentale fu il suo ruolo nei rapporti culturali e letterari con molti paesi europei, col mondo russo, germanico e rumeno. Fondò nel 1893 la Società nazionale per le tradizioni popolari, inaugurando la “Rivista delle tradizioni popolari italiane”, fra le cui collaboratrici vi era una volenterosa ed allora giovanissima Grazia Deledda, che molto dovette agli insegnamenti di De Gubernatis quando si trattò di coniugare ricerca antropologica e letteratura. Rispetto a De Gubernatis, Farina visse senz’altro in maniera più radicale e piena la dimensione della scrittura come mestiere per vivere, come lotta per produrre almeno “un libro all’anno” e sbarcare un lunario della cui difficile praticabilità egli si lamenta con l’amico fraterno.
Gianbernardo Piroddi