Il 6 e 7 giugno 2003 si è tenuto ad Alghero il seminario Testi e tradizioni. Le prospettive delle filologie, promosso e organizzato dal Centro di Studi Filologici Sardi. La Cuec ne pubblica gli atti in un volume che contiene i numerosi interventi succedutisi nelle due giornate di studio (contributi di Roberto Antonelli, Corrado Bologna, Paolo Cherchi, Andrea Fassò, Luciano Formisano, Giuseppe Grasso, Paolo Maninchedda, Giuseppe Marci, Laura Sannia Nowé, Nicola Tanda) e rappresenta il frutto di un dibattito: opportunità di confronto tra diversi filologi nell’ottica della ricerca di prospettive di una filologia sì legata alla tradizione ma proiettata nel futuro.
Per descrivere l’oggetto del discorrere utili sono le parole del professor Nicola Tanda, che ha definito il seminario come una riunione di filologi “che si incontrano per discutere dei metodi e degli strumenti più idonei per allestire e valorizzare testi esclusi dal canone”. Quest'affermazione rivela anche quello che è l'obiettivo del Centro di Studi Filologici Sardi: pubblicare testi, nel modo che più da vicino rispecchino la volontà dell'autore (come sottolinea lo stesso Giuseppe Frasso) e dedicando particolare attenzione a quelli poco noti o del tutto dimenticati.
Tra gli interventi, Paolo Maninchedda avverte che la filologia rischia di morire per eccesso di classicità: da qui l’esigenza di dialogare con i testi del passato perché nella critica testuale passato e tradizione vanno visti in relazione al presente, alla realtà in cui si vive.
Mettere in relazione la “conservazione del passato per la comprensione del presente” è anche la tesi sostenuta da Giuseppe Marci per il quale è possibile “comprendere come l’indagine filologico-letteraria, lungi dall’essere un’astrazione dalla realtà, sia un modo per intervenire attivamente nei processi di costruzione di un corpo sociale consapevole di sé e del ruolo che può interpretare nelle complesse dinamiche della modernità”. Lo studioso e Corrado Bologna sottolineano soprattutto l’importanza di dar voce a quegli autori di opere solo apparentemente marginali ma che invece sono espressione di un modo d’essere e d’intendere la realtà.
Nel corso del seminario è quindi emerso chiaramente quanto sia necessario portare avanti gli studi filologici in Sardegna, per tutelare la nostra produzione letteraria. Cercare di analizzarne le opere non come opere minori, appartenenti a una letteratura regionale e per questo viste continuamente in relazione a quella nazionale, o a una letteratura maggiore di cui si sono subiti gli influssi, ma come appartenenti a chi le ha prodotte, con una propria storia, la loro vita, la loro ragion d’essere.
Gisa Dessì