Nuoro, Il Maestrale, 2003
La stirpe dei re perduti
Paola Alcioni
Non ha fretta.
È un’ombra livida che confina in ogni tratto con quelle del crepuscolo piovoso. Odora d’acidulo e di vento. Oltrepassa l’arco diroccato e avanza sul sentiero dove ha visto stagione dopo stagione sconnettersi le pietre. Nelle ferite degli interstizi ha visto coagularsi il sanguigno della salicornia e germogliare, sfioccarsi, rinsecchire e nuovamente germogliare l’amaro tarassaco, insieme con una carduacea che chiamano tribulía.
Tribulía...
Tribular i acabar...
S’Acabadora – l’ombra – non ha più ricordo di quante volte ha percorso il sentiero. Sa solo che i passi dei suoi piedi scalzi, ormai, non sentono più quelle spine e non lasciano più impronte.
È un’ombra livida che confina in ogni tratto con quelle del crepuscolo piovoso. Odora d’acidulo e di vento. Oltrepassa l’arco diroccato e avanza sul sentiero dove ha visto stagione dopo stagione sconnettersi le pietre. Nelle ferite degli interstizi ha visto coagularsi il sanguigno della salicornia e germogliare, sfioccarsi, rinsecchire e nuovamente germogliare l’amaro tarassaco, insieme con una carduacea che chiamano tribulía.
Tribulía...
Tribular i acabar...
S’Acabadora – l’ombra – non ha più ricordo di quante volte ha percorso il sentiero. Sa solo che i passi dei suoi piedi scalzi, ormai, non sentono più quelle spine e non lasciano più impronte.